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Je Suis Pastor: nessuno tocchi Maldonado

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by @tonielli

di Antonino Rendina

E' un grido di infinita amarezza e disperazione quello che si leva alto nella giungla dei social network: Oh no! I petroldollari di PDVSA sono venuti a mancare e la Renault avrebbe deciso di sostituire Pastor Maldonado con il più promettente Kevin Magnussen! Mai timore fu più fondato. Kevin Magnussen merita la F1 e forse come pilota sarà più bravo del venezuelano, ma come fa(rebbe) la Formula 1 di oggi a rinunciare a Maldonado,a al suo cavallo pazzo, alla variabile impazzita che ama baciare alla francese i muretti?

Je suis Pastor. Perché Maldonado nel panorama della F1 è spettacolo incondizionato, è show senza riserve, è "cattivo" e per questo piace, ispira simpatia. Pino Allievi della Gazzetta ebbe a definire: "Uno che guida l'auto come se l'avesse appena rubata" frase che rende l'idea dello stile garibaldino e sporco del pilota sudamericano.

Maldonado è il "pirata dei caraibi" della Formula 1, capace di distruggere una Williams anche in uno show-run a Caracas. Senza mezze misure e per questo vero, genuino, umanissimo, Pastor - questa poi è la cosa più divertente - è anche un pilota maledettamente veloce. A lui la Williams deve l'ultima vittoria della sua storia, a Barcellona nel 2012. E non può essere un caso che subito dopo aver vinto il suo unico GP in carriera il suo box prese fuoco, perché Pastor è sinonimo di casino sempre e comunque, attira i guai e sa anche come uscirci, come quando prese in spalla i suoi parenti per proteggerli dalle fiamme.

Agli appassionati mancherà Maldonado perché le sue gesta da pilota duro e arrembante sono fonte di spettacolo, in uno sport che quando va tutto bene ci regala sorpassi dovuti ad un alettone che si apre in stile Transformers. Flagello dei suoi meccanici, che con lui fanno gli straordinari, Pastor è un po' Bruce Willis in Die Hard, un po' Peter Sellers nei panni dell'ispettore Clouseau, insomma non sai mai come aspettarsi. Figliol prodigo del "chavismo" nella suo periodo di massimo splendore, cartina tornasole di un Venezuela bisognoso di internazionalità, Maldonado idolo in patria ha rappresentato con orgoglio il suo Paese per anni.

A lui il Venezuela deve una vittoria in Formula 1, mica roba da poco. E fa niente se quando guida sembra uscito da uno dei peggiori bar di Caracas, se lo guardi correre e non capisci mai se è un po' Montoya o un po' Diniz. La F1 necessita di Maldonado, del suo "petrolpilota" che diverte, di tutto quell'istinto e quell'impulso che è umanità in un mondo di soladitini perfettini e asettici. Maldonado è l'imperfezione umana che si fa vangelo, è un "Joker" che diverte e crea scompiglio, capace di portare fuori strada anche un bravo scolaretto come Sergio Perez, trascinato in epici derby sudamericani finiti il più delle volte a sportellate. Poi Checo si è "imborghesito" e ha lasciato Pastor da solo a scazzottare con se stesso, pensando che in fondo è anche bello viverla così, questa Formula 1.

Antonino Rendina


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